Fashion exhibition

Gimme all that Anna can buy: The Costume Institute becomes the Anna Wintour Costume Center

When you read that one of the most important fashion museum in the world takes the name of a still alive editor in chief of a fashion magazine who hasn’t finished her “office” yet, you maliciously try to figure out what’s the dirty game behind this latest honor.
 
 
Anna Wintour – credits

 

Actually, reading the skimpy ANSA news, seems that Thomas P. Campbell, Director and CEO of the Metropolitan Museum of Art in New York, announced that the space occupied by The Costume Institute, will be named as Anna Wintour Costume Center, while the department will continue to be called with its original name. The newly named Anna Wintour Costume Center will boast a renovated exhibition gallery, a new laboratory for the restoration of the clothes, new warehouses, offices, a library with areas dedicated to the research, and everything will be lavishly packaged for the official reopening in May 8th, in conjunction with the MET gala 2014, and the opening of the exhibition “Charles James: Beyond fashion”.

 
Alexander McQueen exhibition at The Costume Institute (2011)
 
There is only one thing I can’t understand… why dedicate this new wing of the museum to Anna Wintour? Why not to an icon like Diana Vreeland, who has spent the last years of her life in creating exhibitions that have revolutionized the concept of fashion curation?
Then suddenly, after reading The New York Times I remembered the deep American love for money, exhibitionism, charity and self-congratulation, especially when I discovered that the extension works are due to the fundraising activities of Ms. Wintour, editor in chief of Vogue, artistic director of Condé Nast and Met trustee since 1999, who raised about $125 million for the Costume Institute alone, presiding over 15 benefits and turning them into the must-attend fashion event of the year.
So we could consider this name change just as a sop in comparison to what Anna Wintour has done for the museum institution, but how highlights even Alexander Cavalluzzo in Hyperallergic magazine, everything moves around money and not on the CULTURAL value that Ms. Wintour brought to The Costume Institute.
As always, it is just mere advertising… the one that Anna’s money can buy.
 
 
Alessandro Masetti – The Fashion Commentator

Italian architect into fashion. Art curator in love with books, flea markets and interior design.

14 Comments on “Gimme all that Anna can buy: The Costume Institute becomes the Anna Wintour Costume Center

  1. Eh infatti, l’amore per l’autocelebrazione è un must per gli americani!!
    Cmq anche se secondo me potevano intitolare questa parte a qualcun’altra, sarei molto curiosa di visitarla! Anzi ora lo segnalo a Marci che, non ci devo pensare perché se no divento verde di invidia, è proprio a New York ora!

    XOXO

    Cami

    Paillettes&Champagne

  2. La Wintour sa muovere soldi, economia ed industria e non è da poco (da noi nessuno lo sa fare). Certo sarebbe stato un bel gesto da parte sua chiedere pubblicamente che portasse il nome di Diana Vreeland: Occasione persa per guadagnare in popolarità. Bellissimo pezzo Alessandro

  3. Non conoscevo tutti questi dettagli, avevo letto il comunicato ma non diceva un granchè e ho sorvolato sulla notizia. Certo che ad Anna Wintour mancava solo un Costume Center, adesso ha proprio tutto.
    Daniela – Kaos magazine

  4. Ale sei un mito assoluto!
    Nessuno come te riesce a inquadrare perfettamente situazioni come questa.
    Che dire? Come hai sottolineato, davanti alla pecunia nessuno si tira indietro, gli Americani ancora meno. Ovviamente se dovevano intitolarlo a qualcuno quel qualcuno come da te sottolineato doveva essere senz’altro Diana Vreeland. Pessimi!

    Alessia
    ElectroMode

  5. Viste le motivazioni ….direi che e’ un atto dovuto. L’eleganza di ricordare la Vreeland ? Quella e’ ‘ proprio un’ altra cosa…….. ma non dimentichiamo mai che negli Usa quando si fa riferimento a qualcuno si di dice : ” quello e’ un uomo da 500.00 $ quella e’ una donna da 300.00$ e il tuo valore sociale e’ valutato in base al tuo stipendio , non al tuo carisma o alle tue reali capacita

  6. Sono ricchi, sono americani… sono la moda. La personificazione dell’autocelebrazione e della teatralità, come hai detto tu. Dell’apparire, ovunque e con qualsiasi mezzo. Pubblicità e soldi, questo è quello che interessa. La Vreeland è morta? eh cavoli suoi, doveva donare miliardi prima e farsi un nome. E magari aspettare anche a morire. Dove siamo arrivati. #tristezza
    PS Ale mito #1

  7. Già all’inizio del post, mentre ti ponevi più di una domanda, temevo e immaginavo che l’unica ragione fosse il ‘vile’ denaro, come sempre del resto.
    Mi unisco allo sdegno, se così si può chiamare, per la scelta motivata da ragioni pecuniarie, piuttosto che artistiche, culturali, sociali o semplicemente valide.
    C’è da dire che però indubbiamente Anna Wintour è e resta un’icona del settore, vuoi per i motivi sbagliati, per la cattiva fama, ecc, ma è un dato di fatto.
    Purtroppo si sa che a volte vende più un personaggio del genere, rispetto a qualcuno che magari ha dato un apporto senza sbandierarlo ai quattro venti.

    Che vuoi farci. Spero almeno che tutti questi soldi vengano ben investiti e di poter vedere qualcosa di bello quando tornerò al MET!

    baci,
    G.
    http://www.inmodaveritas.com

  8. Non sapevo tutto quello che stava dietro a questa cosa del cambio di nome del Costume Institute. Sinceramente averglielo dedicato quando ancora è invita mi sembra un tantino esagerato. Però effettivamente la Wintour ha fatto un lavoro enorme per il met (125 milioni di dollari non sono bruscolini) quindi molto probabilmente se lo merita. Magari quando muore (speriamo il più in là possibile!) la faranno pure santa!

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