Settembre è alle porte e in molti sono tornati a lavorare. Il mondo della moda piano piano si risveglia e dopo lo stordimento post-vacanza, è già il turno del carillon delle sfilate, ma prima di buttarsi a capofitto alla scoperta dei trend della prossima estate (che tanto saranno sempre gli stessi: bianco, righe, pizzo e colori), The Fashion Commentator ricomincia la stagione con #FashionLoop, la rubrica dedicata ai corsi e ricorsi della moda!
Oggi parlo di Lettering, ovvero l’utilizzo di parole e lettere dell’alfabeto come motivo decorativo; una pratica diffusa ormai da secoli in moltissime discipline artistiche: dalla grafica all’architettura, passando per la pittura e, ovviamente, la moda. Se ci pensiamo bene, infatti, non è poi così difficile trovare stilisti che periodicamente ricorrono a questa tecnica, e non a caso il Metropolitan Museum of Art di New York nel 1997 ha dedicato un’intera esposizione a questo tema, dall’ironico titolo “Wordrobe”.
Il particolare connubio moda-lettering richiama subito alla mente l’iconico “Peace dress” di Valentino del 1991, realizzato durante la Guerra del Golfo con la parola PACE ricamata in 14 lingue diverse, ma tra gli altri abiti che hanno fatto la storia, non possiamo dimenticare i divertenti ensemble di Franco Moschino, indossati anche da Fran Drescher nella serie La Tata, che nel 1992 riportavano le iconiche pagine rosa della Gazzetta dello Sport con le immaginarie gesta eroiche dell’Abbiategrasso (la squadra di calcio del paese natale di Moschino);
o le intere cronache del The Christian Dior Daily, il giornale scritto da John Galliano e stampato sui capi della collezione Christian Dior prêt-à-porter autunno inverno 2000, resa immortale nell’immaginario collettivo da Sarah Jessica Parker in Sex & The City (serie 3 – episodio 17 per i fanatici).
Potremmo andare avanti per ore, ma tra i tanti esempi ho scelto di dedicare questo #FashionLoop ad un confronto diretto tra la moda non convenzionale di Rudi Gernreich, il brio quasi infantile di una delle ultime collezioni della linea giovane D&G e la logo mania high-tech di Alexander Wang, l’enfant prodige fresco di defenestrazione da Balenciaga. Ma andiamo con ordine!
Lettering in Fashion
L’Alphabet minidress è tratto dalla collezione autunno inverno 1968 di Rudi Gernreich, lo stilista austriaco, famoso per aver creato i primi abiti in vinile e il monokini da spiaggia (topless è così difficile?). In questo caso l’anticonformismo provocatorio e provocante della sua ricerca assume accenti Pop, ma allo stesso tempo, con il senno del poi, direi anche una valenza fortemente simbolica, perché ricoprendo di lettere quest’abito sembra creare una sorta di totem, una nuova Stele di Rosetta per i linguaggi della moda contemporanea, un passe-partout per la moda del futuro… o almeno di quella che è riuscito ad ispirare.
Lettering anche per la collezione autunno inverno 2011 di D&G la linea giovane di Dolce e Gabbana che in quel periodo si stava già avviando al pensionamento. Per Dolce e Gabbana l’alfabeto è giocoso, è scherzoso, è un decoro confusionario dai colori acidi che ricorda il sovrapporsi delle insegne di Las Vegas all’orizzonte, ma anche un divertente abbecedario su cui i bimbi imparano a leggere e scrivere (esistono ancora?). A, B, C, D&G.
Concludo questo #FashionLoop dedicato al lettering con Alexander Wang. La sua collezione sporty-chic autunno inverno 2014, così tanto americana nello stile, quanto pensata per aver successo nel mercato orientale, ha fatto ri-scoppiare la logo mania dopo anni di understatement minimale. Le lettere si materializzano in stampe e lasercut dall’effetto hightech e si susseguono inneggiando al nome dello stilista quasi fosse un mantra. Non sono disposte disordinatamente. Il messaggio è chiaro e forte: Alexander Wang is the new black!
Alessandro Masetti – The Fashion Commentator
Photo credits: style.com; screenshots of The Nanny and Sex&theCity from youtube; metmuseum.org
Come sempre sei riuscito a creare un post degno di essere letto!!
Ma quanto adoravo il tailleur di tata Francesca!??! Su di lei era perfetto! Che poi io mi sono sempre chiesta com’è che una tata potesse permettersi certi abiti..mi sa che ho sbagliato paese per cambiare pannolini!! 😉
Mentre il vestito di Dior by Galliano indossato da Carrie ammetto di averlo sempre detestato..e in generale non mi piacciono troppe scritte sui tessuti. (tolto che indosso a Francesca Cacace ovviamente!)
XOXO
Cami
Paillettes&Champagne