Come è andata a Pitti?
Questa la perenne richiesta alle migliaia di avventori della fiera nei giorni successivi all’89esima edizione di Pitti Uomo, ma mai come quest’anno è stato difficile formulare una risposta.
Volendo fare un bilancio generale al termine delle sfilate milanesi e parigine, possiamo dire che il Pitti Uomo 89 non è riuscito a definire una nuova visione all’interno del dibattito culturale sulla moda maschile contemporanea; e questa sensazione di incompiutezza nei confronti del suo ruolo di fiera trainante del settore, sembra derivare anche dalla debolezza del tema scelto. Al grido di “Pitti Generation(s)” infatti, il salone ha messo in evidenza come nella moda l’età sia uno stato mentale, non creando però effettivamente un dialogo con ciò che era esposto negli stand, ma piuttosto (auto)celebrando quella nicchia di visitatori fatta di uomini maturi in jeans e t-shirt e giovani con le barbe vittoriane.
Pitti Uomo 89 street-style by Guaizine.com for The Fashion Commentator
Se però pensiamo che sono ormai più di 10 anni (facciamo pure 20) che Giorgio Armani ha sdoganato la combinazione giacca e t-shirt come elemento chiave dell’eleganza informale del terzo millennio anche per gli uomini over 50, il tema della trasversalità generazionale della moda proposto a Pitti Uomo 89 non sembra poi così innovativo. Soprattutto se consideriamo che dall’avvento della comunicazione digitale tale fenomeno si è manifestato puntualmente ad ogni edizione, ne sono la prova i servizi di street-style con giovani che sembrano usciti dai romanzi di Oscar Wilde e anziani che fanno a gara per mettere in vista i tatuaggi.
Pitti Uomo 89 street-style by Guaizine.com for The Fashion Commentator
Pitti Uomo 89: Artigianato di ricerca
Nonostante tutto, Pitti Uomo 89 si è concluso con la cifra record di 36000 visitatori, di cui circa 25000 buyer; e di questi tempi un dato del genere è più confortante (e importante) di qualsiasi scelta tematica, poiché simboleggia come l’intera filiera del settore sia armata fino ai denti pur di fronteggiare la crisi, dando esito anche a piacevoli scoperte nel mare dei brand presenti in Fortezza. Non è infatti un caso se, come nelle edizioni precedenti, anche per Pitti Uomo 89 sia stata dedicata grandissima attenzione all’Artigianato Contemporaneo, uno dei driver fondamentali del mercato di oggi.
Tutta la fiera si è rivelata essere una vera e propria miniera di pezzi esclusivi, frutto della ricerca di artigiani capaci di mixare tradizione e tecnologia. Da qualche edizione infatti a Pitti Uomo si sta progressivamente ridefinendo il ruolo dell’artigiano, sostituendo l’immagine dell’operaio anziano nella bottega, con quella di giovani designer eredi di una tradizione familiare, talvolta centenaria, che vanno incontro alle necessità di una clientela sensibile, che ripudia l’omogenea banalità della grande distribuzione, prediligendo la “ricerca”.
Tra questi nuovi interpreti dell’artigianato, nella sezione MAKE si è fatto notare Filippo Fanini, designer classe 1981 che ha brevettato l’Edmos, uno speciale pellame talmente sottile da sembrare un tessuto, ricavato dalla sovrapposizione di scarti della produzione dell’azienda di famiglia, con cui ha realizzato una linea di capi outerwear e accessori assolutamente contemporanei nel fitting e nelle forme.
Importante ricerca anche in casa Doria 1905, il cappellificio pugliese che dopo averci stupito nell’edizione estiva con il tradizionale punto Maglie usato come fascia decorativa dei panama, per l’autunno inverno 2016 ha proposto i fedora a goccia dagli archivi anni ’60, reinterpretati grazie ad una particolare lavorazione sperimentale che rende il feltro totalmente impermeabile, ricreando un insolito effetto “cuoio invecchiato”. Un’incredibile illusione ottica testimonianza di come la direttrice creativa, Alessandra Maregatti, sia capace di reinventare stagione dopo stagione uno degli accessori più classici del guardaroba maschile.
Nel padiglione L’ALTRO UOMO con un balzo si passa dalla testa ai piedi grazie ad Hal-Neroh shoes, l’azienda toscana nata da un gruppo di amici con alle spalle una tradizione calzaturiera da tre generazioni. Dopo una lunga esperienza che li ha portati ad essere i produttori di brand di alta gamma come Jimmy Choo e JW Anderson, hanno deciso di lanciare la propria linea INVENTARIO, in cui le classiche tecniche artigianali vengono declinate secondo il mood contemporaneo che varia dalle sneakers con le suole animalier, passando per le babbucce a pois in cavallino, sino agli stivaletti ribelli dall’animo rock. Tutto rigorosamente fatto a mano in Toscana.
New Talents
Per Pitti Uomo 89 la casa automobilistica MINI ha continuato a supportare i nuovi talenti promuovendo The Latest Fashion Buzz, il progetto di Pitti Immagine, L’Uomo Vogue e GQ Italia, che punta i riflettori sui designer di prêt-à-porter e accessori che lavorano su un nuovo concetto di modernità nel menswear. Tra i talenti più interessanti del progetto spiccava sicuramente Moto Guo, menswear designer malese che su capi di maglieria dalla linea svasata e minimale ha proposto incredibili applicazioni tridimensionali realizzate in rete, simili agli agglomerati di pietre preziose scavate nelle rocce.
I nuovi talenti si sono distinti però anche al di fuori del perimetro della Fortezza, ad esempio all’evento The Future Generation al Teatro dell’Opera di Firenze, dove sono state presentate le due capsule collection realizzate per Colmar Originals da Christian Pellizzari e il duo creativo di Comeforbreakfast, composto da Antonio Romano e Francesco Alagna. Due spiriti diversi che rappresentano le sensibilità complementari della contemporaneità, in cui passato e presente si fondono e si manifestano attraverso dettagli high tech e materiali innovativi, con ispirazioni dandy per l’uomo di Pellizzari e artistiche-astratte per la donna Comeforbreakfast.
Due facce di una stessa medaglia
Infine, non posso non menzionare le collaborazioni chiave del Pitti Uomo 89, tra due importanti brand italiani di moda maschile e due fashion icon straniere che hanno fortemente contribuito al successo di questa fiera nell’era dei social media.
Da un lato abbiamo l’eclettico Nick Wooster che per Lardini abbina le linee pulite della tradizione giapponese con la sartoria maschile occidentale e il rigore delle divise militari.
Dall’altro lato Scott Schuman, The Sartorialist, che per Roy Roger’s declina il suo stile informale in una serie di capi d’ispirazione anni ’70, le cui proporzioni vengono rielaborate e stravolte creando nuovi equilibri fatti di jeans a vita alta e maglioni accorciati.
Due collezioni totalmente diverse che raccontano due modi d’essere dell’uomo contemporaneo e che, ripensandoci bene, data l’età anagrafica dei “designer”, il loro modo di approcciarsi alla moda ed il variegato target a cui sono rivolte le collezioni, forse sono da considerarsi i veri rappresentanti del tema trans-generazionale di Pitti Uomo 89.
Alessandro Masetti – The Fashion Commentator