La Mostra Internazionale dell’Artigianato è uno degli appuntamenti clou della primavera fiorentina e il fatto che dal 23 aprile al 1 maggio si festeggi l’80esima edizione, ci basti per capire come questo settore che avvicina l’uomo e la materia prima, sia strettamente legato alla tradizione della città di Firenze.
Sarò onesto, erano davvero tanti anni che non tornavo alla Fortezza da Basso appositamente per la Mostra Internazionale dell’Artigianato, memore di affollate edizioni in cui l’effetto visivo da banco del bazaar seriale invadeva i piani del padiglione Spadolini, quasi infangando l’immagine aulica conferita agli stessi ambienti durante Pitti Uomo. Ma quest’anno qualcosa è cambiato.
Ovviamente l’effetto caotico permane in alcune zone e trattandosi di una mostra mercato per tutte le tasche, è più che normale questa sorta di tacito equilibrio tra gli oggetti di alto pregio e la paccottiglia. Il trucco per godersi la Mostra Internazionale dell’Artigianato è lo stesso che si segue quando visitiamo un negozio per la prima volta: lasciarsi trasportare dalle emozioni, ma alla fine saper scegliere in nome della qualità.
Mostra Internazionale dell’Artigianato di Firenze (the best of)
Saranno gli 80 anni, sarà l’hashtag #buzZArt che sui social network guida i visitatori alla scoperta dei padiglioni, sarà la presenza di espositori giovani pieni di idee che rinnovano la tradizione, ma la qualità c’è, ed ecco perché ho pensato di stilare una lista essenziale di artigiani da vedere assolutamente!
Partiamo con uno dei cavalli di battaglia della “toscanità”: la ceramica.
Se all’ingresso del padiglione Spadolini si celebra la tradizione con esemplari della maiolica di Montelupo Fiorentino; al piano seminterrato ci si lascia sedurre dalle forme contemporanee di Gabriella Di Dolce, le cui ceramiche non assolvono al solo ruolo di piacevole compiacimento estetico. I vasi (i miei preferiti) sono cilindri dalle sembianze quasi organiche di piante grasse; i fiori stilizzati colorati sembrano appena raccolti da un quadro di Gustav Klimt, mentre in sottofondo si sente l’armonia di un’arpa suonata dal vento alle cui corde sono fissati centinaia di piccoli dischi di finissima porcellana simili a conchiglie.
Artigianato e moda
Anche al di fuori di Pitti Uomo la Fortezza da Basso respira aria di moda grazie al padiglione dedicato al vintage, ma soprattutto a quel piccoli laboratori artigianali e sartorie che creano novità in nome della tradizione e il cui punto di forza non è solo il prodotto, ma la sinergia impiegata nella sua realizzazione. Infatti, ciò che differenzia l’artigiano contemporaneo da quello tradizionale, sta proprio nell’atteggiamento di condivisione e la volontà di creare sinergie tra più figure specializzate. L’artigiano di un tempo, per quanto eccellente esecutore, era (è) talmente avaro e geloso della propria arte, da non volerla condividere con nessuno, nemmeno coi posteri, lasciando così campo libero alle grandi produzioni industriali.
Nel padiglione Absolut Handmade invece ho visto la sinergia di coppia tra Angela Pinzaglia e Omar Belli che hanno dato origine al brand umbro Officina del Papillon andando alla ricerca di stoffe di archivio e tessuti pregiati con cui “forgiare” papillon e pochette double-face. Attraverso le loro parole percepisco l’entusiasmo di quando ricercano rarissimi tessuti Zegna, o trovano scampoli di brand scomparsi che hanno scritto le pagine della storia della moda.
Vi è poi la sinergia tra Davide Filippi e Alessandra Botto che da due concept indipendenti, hanno dato origine ad un prodotto unico. Galeotta fu una fiera in cui le Boom Bag di Alessandra, borse minimali ottenute con un unico pezzo di pelle abbracciato da due cinture, incontrarono Inlabodesign, i papillon in legno lavorati a laser nel laboratorio di Davide. Dall’unione di questi due concept sono nate le Nappyness, nappine in pelle lasercut da applicare su ogni tipo di scarpa stringata, dalla più elegante alla più sportiva. Ma le sinergie non si fermano qui, infatti, per l’ultimo Fuori Salone di Milano (la design week) Davide ha creato una formidabile capsule collection in collaborazione con gli illustratori e fumettisti del collettivo genovese Studio Rebigo. Giusto per ribadire come l’unione faccia la forza. E che forza!
I cicli del riciclo
Tutt’altra storia invece per il ciclo del riuso, il tema celebrato nel padiglione Cavaniglia, ma che in realtà trova una massima forma di espressione poetica allo stand di Anitya nel seminterrato del padiglione Spadolini. Angela Cosenza, infatti, mente e cuore di Anitya, realizza pannelli decorativi componendo pezzi di legno trovati sulla spiaggia e altri elementi lavorati dalle onde del mare, trasformandoli in opere simboliche nelle quali una carica di proiettili può diventare un bouquet di fiori e il ramo di una pianta è inequivocabilmente una figura umana stilizzata.
Sempre sul filone del riuso, divertente la scelta del Maggio Musicale Fiorentino di esporre la serie Ex Teatro, una collezione di bizzarre sedute realizzate da Marco Viegi Del Fiume componendo la classica sedia in legno con una sterminata quantità di elementi e dettagli presenti nel teatro. Le mie preferite? Quella con le punte da ballo e quella con il mosaico di numeri delle poltrone.
Mostra Internazionale dell’Artigianato
Una delle sezioni più visitate della mostra è proprio quella internazionale, situata nel seminterrato del padiglione Spadolini. Da sempre i visitatori si divertono a scoprire prodotti tipici (soprattutto alimentari) dei paesi di tutto il mondo, ma quest’anno solo due nazioni hanno sbaragliato la concorrenza.
La prima è l’Iran che, grazie a un progetto finanziato dal governo, ha presentato una selezione di artigiani locali tra cui decisamente spicca lo stand di Pooriya Leather. Un piccolo laboratorio artigiano familiare, in cui madre e figlio realizzano incredibili borse di pelle interamente incise a mano con delle decorazioni floreali tridimensionali che a tratti ricordano gli ornatissimi mobili ottocenteschi del movimento inglese Arts and Crafts. Pensare che dopo intere giornate di lavoro il prezzo di un portafogli sia solo 25€, ci fa riflettere su come molti prodotti di lusso in occidente non valgono nemmeno un decimo del costo finale.
Infine, la vera sorpresa della mostra, lo stand del paese che mi auguro diventi l’ospite principale del prossimo anno: la Corea.
Per l’occasione il Korea Traditional Culture Center ha presentato un’esposizione di arti e mestieri che caratterizzano le principali attività produttive della città di Jeonju.
Sotto una grande struttura luminosa in carta di riso, le antiche tradizioni si confrontano con le reinterpretazioni contemporanee che risentono delle influenze occidentali, pur non tradendo le proprie origini. Vasi, ventagli, scatole, mobili, lampade, piatti, bicchieri e ombrelli riletti in chiave 2.0 sono solo il pretesto per mostrare il connubio vincente tra le abilità dei maestri artigiani e i nuovi designer che spesso studiano in Europa per poi tornare a casa e rielaborare il proprio vissuto.
Come se non bastasse, sono riusciti a valorizzare ulteriormente le proprie abilità con dimostrazioni uniche come la realizzazione dei ventagli tradizionali da parte del grande maestro Kim Dong-Sik, rivelando tecniche e segreti custoditi di generazione in generazione.
Forse a conclusione della Mostra Internazionale dell’Artigianato è proprio questa la lezione che molti artigiani italiani dovrebbero imparare per emergere dalla mediocrità culturale e produttiva contemporanea: tramandare ai figli i segreti, la passione e l’amore per il proprio lavoro, ma saperlo anche comunicare all’esterno, mostrandosi agli occhi dei potenziali clienti, senza nascondersi dietro la scusa del “ho paura che mi copino”.
Se il prodotto è davvero originale e unico, nessuno ci riuscirà!
Alessandro Masetti – The Fashion Commentator
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