2009 – Tutto ha inizio 9 anni fa, quando Marina Abramović vince il Premio “Lorenzo Il Magnifico” alla carriera in occasione della VII Florence Biennale e nella Fortezza da Basso presenta per la prima volta il proprio Manifesto d’Artista.
È intensa nel suo essere artista, nel suo interpretare e dare senso ad ogni parola: è sensuale, è magnetica, è “presente”.
Dopo scrosci di applausi e flash di paparazzi che quasi sminuiscono il valore del suo Manifesto, è tempo di andare via, con l’insoddisfazione di non averla conosciuta.
Proseguo la serata visitando il resto della mostra, tra croste obbrobriose e vere opere d’arte (di alcune conservo ancora i depliant), finché all’improvviso, mentre chiacchiero con le mie amiche, mi ritrovo davanti a Lei.
Ecco il momento… o ora, o mai più.
Mi faccio coraggio, le vado incontro.
Da ventenne incosciente, mi butto e non mi pongo nemmeno il problema di come possa prenderla visto il contesto e la formalità dell’occasione.
Dalla borsa sfodero orgogliosamente la mia copia de L’Uomo Vogue in cui appare seminuda in uno splendido servizio di Francesco Carrozzini e le chiedo di farmi un autografo.
Ride a crepapelle, guarda la rivista, la alza e la mostra orgogliosamente a tutti gli astanti, tra cui gli organizzatori della Biennale, dicendo che quelle foto erano un po’ come la sua versione personale di Playboy.
Firma divertita quelle pagine, mi ringrazia e mi saluta.
Avevo incontrato la mia icona, ero al settimo cielo.
Risalutarla poco dopo anche all’esterno dell’edificio e vederla ricambiare il mio gesto addirittura sbracciandosi mi riconferma la sua genuinità e sensibilità appena mostrate.
2018 – Apre la mostra “Marina Abramović – The Cleaner” a Palazzo Strozzi e su Twitter scopro che, per chi riesce a iscriversi, c’è l’opportunità di incontrare singolarmente Marina in occasione del book signing del nuovo volume “Interviews”.
Ci penso un po’, temporeggio, ma alla fine, nonostante il prezzo del libro, prenoto: è l’occasione per incontrarla di nuovo e quel libro lo avrei comprato comunque.
Entusiasta della mia scelta, mentre stampo il biglietto, penso a cosa voglio dirle e una cosa è certa: devo farle rivedere quella copia de L’uomo Vogue che ho in archivio.
Mi presento all’appuntamento con mezz’ora di anticipo, convinto di prendere i posti migliori. (Sì vabbè, come non detto. Un’utopia)
Un centinaio di persone creano un lungo serpente che, come qualche sera prima per l’inaugurazione, si snoda fino all’esterno di Palazzo Strozzi.
Sorprendentemente la fila scorre veloce, fin troppo per i miei gusti. Ho paura sia una catena di montaggio dove non c’è nemmeno il tempo di guardarsi in faccia. Oramai mi conosco, sono arrivato fin qua, di domenica mattina, figuriamoci se non mi faccio guardare in volto!
È il mio turno, chiedo gentilmente a una ragazza dello staff di Palazzo Strozzi se può farmi una foto, mentre mi godo l’agognato momento di gioia dal vivo e non attraverso lo schermo di uno smartphone.
Mi avvicino e con tono sicuro esclamo:
– Hi Marina!
Lei alza lo sguardo dalla “catena di montaggio” del firma copie, mi guarda in faccia e con un sorriso a mille denti ribatte:
– Hello!
– So che non mi riconosci, ma ci siamo già visti un bel po’ di tempo fa.
– Eh…purtroppo non ricordo nemmeno cosa ho mangiato ieri sera, però è probabile.
Sorridente e tronfio sfodero la stessa rivista e le dico: – Guarda qua!
La sua firma a penna campeggia sulla foto di Carrozzini.
È incredula, stupita ed esterrefatta dallo shooting.
Le racconto cosa mi disse in quella occasione e si sente in dovere di firmare nuovamente, poco sotto, come per testimoniare un secondo incontro.
Guarda le foto, si rimira nelle pagine come in uno specchio e mi dice che è una cosa pazzesca, è un tuffo nel passato. Fa vedere la copia al ragazzo vicino a lei, parliamo, scambiamo delle battute.
Si crea un contatto. La catena di montaggio del firma copie si è spezzata.
Seppur su piani diversi, si era creata una connessione di ricordi.
Ci salutiamo con una battuta e con un ringraziamento sincero: “This thing is crazy! Thank you very much!”
Cara Marina, grazie a te, non hai idea di quanto mi hai reso felice confermando nuovamente la tua genuinità come persona oltre che come artista.
PS: Il fatto che poco dopo uno pseudo artista (ma vero imbecille) le abbia tirato addosso una cornice per “incorniciare Marina” con tutto l’odio e astio che aveva in corpo, mi fa capire quanto è malata e alterata la percezione dell’arte e degli artisti attraverso i media, soprattutto quando si tratta di grandi nomi.
PPS: Grazie allo Staff di Palazzo Strozzi, ma soprattutto alla ragazza che in quei 3 minuti ha scattato una trentina di foto che conserverò gelosamente, nella memoria digitale, oltre che nei ricordi.